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Febbraio 19, 2018

L’etichetta: un ponte tra domanda ed offerta

Oggi siamo nell’epoca dell’eccesso di disponibilità, ogni acquisto è l’ultimo atto di una complessa, anche se spesso inconscia, opera di selezione. Prendiamo ad esempio una bottiglia di vino. Il prodotto è estremamente complesso, molto più di quanto appaia ad un esame superficiale, prendere un vino dallo scaffale è l’azione risolutiva di un processo, particolarmente complesso,  strutturato in una catena di quesiti:

quale tipologia di vino, di quale produttore, di che fascia di prezzo, di che annata, e così via.

Queste possibilità rappresentano solo la parte razionale di una scelta, poi c’è l’emozione.

L’emozione è data dalla posizione sullo scaffale, dal design e dall’etichetta. Ci sono acquirenti prevalentemente razionali, altri guidati principalmente dalle sensazioni. La razionalità spesso è legata ad una conoscenza, più e meno approfondita del prodotto, ma soprattuto quando ci si appresta ad acquistare un prodotto per la prima volta, quando ancora non si conosce la reale qualità del suddetto prodotto, la componente emotiva che la confezione è in grado di solleticare è più rilevante del prodotto stesso. Un ottimo vino, costretto dentro un contenitore di vetro, non può sorprenderci con il sapore né incuriosirci con l’odore, un’ottimo vino non può lasciarsi scoprire senza l’aiuto di un packaging allettante ed esaudiente. L’etichetta attira lo sguardo, l’etichetta ci dice qual’è il vino racchiuso nella bottiglia, come è stato prodotto, da chi e quando è stato realizzato. L’etichetta ci dice anche molte altre cose, ce le dice con il tatto, con i riflessi, cose che non comprendiamo ad un livello conscio ma che alterano la percezione e le aspettative che nutriamo nei confronti del prodotto.

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